Investigatore Privato Daniele Sbrollini
Investigazioni in Italia e all’estero

CORRESPONSIONE DELL’ASSEGNO MENSILE

Investigatore Privato per Indagini Penali

Corte di Cassazione, sez. VI Penale,
sentenza 30 gennaio – 24 febbraio 2020, n. 7277


Presidente Costanzo – Relatore Amoroso
Ritenuto in fatto

  1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Pordenone ha dichiarato di non doversi
    procedere nei confronti di Si. An. per essersi il reato ascrittogli, di cui all’art. art. 3 legge n. 54/2006
    (ora punito ex art. 570-bis cod. pen.) estinto per remissione della querela.
    In particolare all’imputato è stato contestato il reato di cui agli artt.81 cod. pen. e 3 legge n.54/06
    per essersi sottratto all’obbligo di corresponsione dell’assegno mensile di Euro 200,00, dal mese di
    maggio al mese di settembre del 2012, e della somma di Euro 250,00 dal mese di ottobre 2012 fino
    al mese di ottobre del 2015, dovuti a titolo di mantenimento in favore della figlia So., nonché del
    50% delle spese straordinarie sostenute da Lo. Al. in favore della predetta figlia. Il Tribunale,
    ritenendo il detto reato procedibile a querela in forza del richiamo dell’art. 570, comma 1, cod. pen.,
    e per effetto della intervenuta remissione della querela e della contestuale accettazione da parte
    dell’imputato, ha dichiarato di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell’art. 152
    cod. pen.
  2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso immediato per cassazione ex art. 569
    cod.proc.pen. il Pubblico Ministero, deducendo il vizio di violazione di legge chiedendone
    l’annullamento per essere il giudice incorso nell’errore di ritenere il reato previsto dall’art. 570-bis
    cod. pen. perseguibile a querela, in contrasto con l’interpretazione seguita prima dell’entrata in
    vigore della riforma che in attuazione del principio della riserva di codice ha disposto l’abrogazione
    degli artt. 12-sex/es legge 898/1970 e 3 della legge 54/2006, senza modificare la perseguibilità del
    delitto ora contemplato dall’art.570-bis cod. pen., che si deve ritenere procedibile di ufficio essendo
    il richiamo all’art. 570 cod. pen. operato solo quoad poenam.
    Dalla procedibilità d’ufficio derivano l’irrilevanza della remissione della querela e l’errata
    dichiarazione di estinzione del reato.
    Considerato in diritto
  3. Il ricorso è fondato.
    Secondo quanto già affermato da questa Corte di Cassazione il delitto di omesso versamento
    dell’assegno periodico per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dell’art.
    570-bis cod. pen., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale
    stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio
    anche per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 1 marzo 2018, n. 21,
    essendovi continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 570-bis cod. pen. e quella prevista
    dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54.
    La delega conferita dalla legge n. 103 del 2017 per l’attuazione della riserva di codice ha infatti
    natura meramente compilativa, essendo diretta a realizzare una semplice trasposizione delle figure
    criminose già esistenti nel corpus del codice penale, senza apportare modifiche sostanziali, come
    peraltro chiarito nella relazione ministeriale allo schema del decreto legislativo in cui si afferma che
    il nuovo art. 570-bis cod. pen. assorbe le previsioni di cui all’art. 12-sexies della legge 1 dicembre
    1970, n. 898 e di cui all’art.3 della legge 8 febbraio 2006, n.54, specificandosi che la modifica “non
    incide sul regime di procedibilità di ufficio, la cui corrispondenza a Costituzione è stata comunque
    affermata ripetutamente dalla Corte Costituzionale (da ultimo sentenza n.220 del 2015)”.
    Pertanto, essendo indubbio il carattere solo formale dell’abrogazione dei reati previsti dall’art. 12-
    sex/es della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e dall’art.3 della legge 8 febbraio 2006, senza cioè
    abolizione delle relative ipotesi criminose, perché riprese dal nuovo art. 570-bis cod. pen., ne deriva
    che risulta immutato anche il regime di procedibilità di ufficio.
    Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità il reato previsto dalla norma censurata è
    sempre stato ritenuto perseguibile d’ufficio.
    Tale soluzione interpretativa – avallata anche dalle sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza
    31 gennaio-31 maggio 2013, n. 23866) – si fondava sul rilievo che il richiamo all’art. 570 cod. pen.,
    operato dall’art. 12-sex/es della legge n. 898 del 1970, nonché dall’art. 3 della legge n. 54/06 che a
    sua volta rinviava al citato art 12-sex/es, L. 898/1970, fosse finalizzato unicamente a determinare il
    trattamento sanzionatorio e non potesse, dunque, reputarsi comprensivo del regime di perseguibilità
    a querela previsto dalla norma richiamata.
    Le stesse considerazioni conservano tuttora piena validità per quanto sopra detto sulla natura
    meramente formale dell’operazione di trasposizione del reato in esame nella nuova norma
    codicistica, essendo peraltro stata esclusa la voluntas legis di incidere sul regime di procedibilità,
    sebbene la Corte Costituzionale avesse rilevato proprio nella sentenza richiamata nella citata
    relazione ministeriale come non si potesse “misconoscere che il sistema delle incriminazioni
    relative ai rapporti familiari risulti, nel suo complesso, frammentario e disarmonico”, ma che,
    avendo escluso discrasie qualificabili in termini di manifesta irrazionalità, ne aveva rimesso al
    legislatore la soluzione.
    Pertanto, in difetto di nuove disposizioni di legge sul tema della procedibilità, non può che essere
    confermato il regime di perseguibilità di ufficio previsto per le ipotesi di reato ora punite
    dall’art.570-bis cod. pen.
    Devesi, pertanto, disporre l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per il giudizio alla
    Corte di appello di Trieste competente per la rinnovazione del dibattimento ai sensi del combinato
    disposto degli 569, comma 4, e 604 comma 6, cod. proc. pen.
    In caso di diffusione del presente provvedimento devono omettersi le generalità e gli altri dati
    identificativi delle parti private a norma dell’art. 52 D.Lgs. n.196/2003.
    P.Q.M.
    Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di Trieste

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